Zimerman e le calende greche

By admin on Maggio 1, 2016 — 2 mins read

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Mille vincoli, centomila seccature e paturnie fra direttori artistici egocentrici, agenti “patogeni” (non c’è niente di peggio di un manager invadente che s’inventa le paturnie degli artisti per farli apparire divi anche quando non lo sono), ansia da prestazione e un altro grafico che rompeva le scatole. Krystian Zimerman però ci tenevo a farlo e feci il possibile: la foto era buona, chissà come nessuno obiettò con la solita litania del nero luttuoso… Non doveva essere né una cosa tutta Teatro Massimo (ospite) e neppura tutta Amici della Musica (bigliettaio), così mi venne l’idea di provare un carattere nuovo, almeno per me: Filosofia di Emigrè (presentabile ma troppo lezioso, solo che a quei tempi ancora certe convinzioni non erano mature). Insieme al poster si fece anche un depliant con delle autorevoli (ma piuttosto scontate) note di sala di Piero Rattalino. Bozze su bozze e alla fine non c’era neanche un errore. Arrivo al concerto tranquillo come poche altre volte, quasi quasi mi vado a sedere, ho un buon posto e la sala è piena come non lo è mai più stata. Un ultimo sguardo al poster e al depliant, quelli “senza errori”, e l’occhio cade, ma proprio cade, con un tonfo sordo, sulla data del concerto: 31 aprile!!!

Solo la poesia sonora di Zimerman e il suo memorabile crescendo nelle variazioni dell’op. 111 di Beethoven riescono a distrarmi dalla cocente delusione di essermi lasciato sfuggire un tale strafalcione!

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